Se la coscienza è universale, come mai le mie emozioni e i miei pensieri sono personali “per me” e i tuoi sono personali “per te”? - Francis Risponde - 121

Francis Lucille

Nome: Gordon

Luogo: Galles

Caro Francis, tu scrivi, nella risposta 164, “non c’è una coscienza individuale separata alla quale possono accadere la collera o la percezione di essere seduti. Qualunque cosa sia percepita, collera o altro, è sempre percepita realmente dall’unica coscienza reale che c’è ed essa è universale e divina”. So che questo è il punto cruciale del tuo insegnamento (e di tutte le tradizioni non-duali) e dopo averlo contemplato per decenni, attraverso la riflessione e la meditazione, non sono ancora sicuro del suo significato. Ho letto i tuoi libri e ti ho guardato e ascoltato on-line: il tuo insegnamento mi parla come nessun altro. Non ho alcun dubbio che tu “rappresenti” ciò che cerco e so che tu accogli le dissertazioni intelligenti e non ti sottrai alle argomentazioni logiche (come altri “insegnanti” fanno), così spero che tu possa aiutarmi. Il mio problema sta nell’andare oltre il fatto ovvio che tutte le percezioni umane, dalla rabbia all’illuminazione e autorealizzazione, accadono a corpi-mente separati, individuali. Molte persone, per esempio, potrebbero ascoltare insieme la stessa musica e tuttavia le loro percezioni, per quanto simili, sarebbero uniche per ciascuno di loro. Quindi, poiché le percezioni sono individuali, in quale senso la coscienza può essere una e universale? Inoltre, se la coscienza è letteralmente una e universale, come spieghi il fatto che le percezioni sono individuali? L’affermazione “una e universale” significa semplicemente che quella coscienza, che conosce la rabbia o l’illuminazione, in ciascun caso individuale è la stessa, allo stesso modo in cui, per dire, gli elementi chimici che costituiscono un corpo sono identici (qualitativamente) a quelli che costituiscono tutti gli altri corpi, sebbene siano individuali, (quantitativamente), per ciascuno e per ogni corpo. Se così è, il problema, per me, è risolto. Se, tuttavia, tu intendi “uno e universale” alla lettera, essendo la coscienza come uno specchio enorme, piuttosto che costituita da molti specchi individuali, come la tua risposta precedente (la n. 164) sembrerebbe indicare, allora come mai le mie emozioni e i miei pensieri sono personali per me ed i tuoi per te?

Uno specchio universale rifletterebbe sicuramente tutti i nostri eventi mentali, che testimonieremmo, e non ci sarebbero esperienze private e individuali come tali. In secondo luogo, il fatto che non sia così e che i nostri pensieri ed emozioni siano personali per ciascuno di noi (anche per l’Auto-realizzato che ha visto attraverso l’illusione della persona) sembrerebbe suggerire che, parlando della coscienza come una e universale, tu stia andando oltre l’esperienza diretta conosciuta, verso il regno della credenza/teologia.

Per quanto universale possa apparire l’esperienza della coscienza, al saggio che la sperimenta, nel presentarla come un fatto, in realtà, non la sta semplicemente estrapolando? (L’appellativo “divino” non mi crea problemi poichè è un termine puramente valutativo e non effettivamente descrittivo). Con amore, Gordon

Caro Gordon,

In primo luogo mi scuso per il ritardo (dovuto un sovraccarico d’impegni) nel rispondere alla tua domanda. Inoltre, apprezzo molto la chiarezza con cui l’hai formulata. Sì, intendo la frase “uno e universale” alla lettera.

Detto questo, la tua prima obiezione è: “come mai le mie emozioni e i miei pensieri sono personali per me e i tuoi lo sono per te?”. Bene, dipende dal significato di “tu” e “me”. Se tu intendi due percettori diversi e separati (e credo che tu lo faccia), stai (non così) implicitamente assumendo che, quello che percepisce è limitato e separato; questo è ciò che la tua argomentazione sembra provare. Questo è un errore poiché usi la tua conclusione “ci sono due differenti entità percettive” come punto di partenza.

La tua seconda obiezione è: “uno specchio universale rifletterebbe sicuramente tutti i nostri eventi mentali, che testimonieremmo, e non ci sarebbero esperienze individuali e private come tali” Su questo punto hai assolutamente ragione. Non ci sono esperienze individuali e private in quanto tali. La privacy è un’illusione, la coscienza non è privata ma condivisa da tutti. Ora, io non posso provare la verità di ciò basandomi sull’esperienza fenomenica, ma posso provare a te che la tua propria esperienza non è in contrasto con questa possibilità, contrariamente a ciò che la tua obiezione sembra implicare. L’errore della tua argomentazione risiede nel fatto che qualunque cosa sia osservata fenomenicamente “nella” e “dalla” consapevolezza, non ci può fornire alcuna informazione sulla consapevolezza che osserva, proprio come un panorama percepito nella coscienza non ci dice niente circa la coscienza che lo percepisce (se non per il fatto essa esiste); per esempio non ci dice se questa coscienza sia mortale oppure no. La limitazione della tua mente è osservata fenomenicamente. Ciò non implica che la coscienza che osserva sia limitata.

Devo ribadire che non pretendo di provare logicamente che la coscienza sia universale piuttosto che limitata, ma mostrare che non c’è prova valida che non lo sia, il ché apre la strada all’ulteriore rivelazione, non-fenomenica, che lo sia. I miei più cari saluti,

Francis

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